Giungla domestica

Giungla domestica

 

A Milano, per un loft da poco ristrutturato, l’agronomo e paesaggista Massimiliano Cecchetto ha progettato un vivace giardino da interni traboccante di piante tropicali.

Nel corso dell’Ottocento innumerevoli specie tropicali e subtropicali, scoperte nelle colonie appena conquistate, vennero inviate in Europa, destinate alle conservatories e alle verande riscaldate dei più abbienti.

Tempo dopo, divenute alla portata di tutte le tasche grazie all’avanzare delle tecniche di coltivazione, e non solo, sono diventate presenze costanti anche nelle nostre case, soprattutto negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso.

Le “piante da interni” o “da appartamento” trovavano però tre limiti: spazi ristretti, illuminazione insufficiente — poi in parte risolta con le apposite lampade —, aria troppo asciutta per via del riscaldamento.

Oggi, complici la trasformazione di tanti vecchi edifici industriali e artigianali in spazi abitativi e lavorativi ampi, luminosi e più freschi, l’aumentato desiderio di contatto con la natura e la consapevolezza del suo potere curativo, queste specie stanno tornando in auge, come dimostra il singolare loft milanese appena ristrutturato, fotografato in queste pagine, in cui la zona a giorno è stata trasformata in un vero e proprio giardino d’inverno.

La tecnica idroponica

La tecnica idroponica Autore del progetto, l’agronomo e paesaggista Massimiliano Cecchetto: «Sono potuto intervenire in fase di progettazione, cosa molto importante, grazie all’architetto incaricato della ristrutturazione, Adriana Granato, dello studio Ibsen Architettura, che mi ha interpellato fin dall’inizio. Il proprietario desiderava avere piante in casa, ma invece di disporle in più vasi, abbiamo proposto un’aiuola a filo del pavimento, lungo un lato della zona giorno, sotto il tetto vetrato e accanto alle ampie finestre, con l’idea di creare una sorta di piccola giungla, traboccante di piante. Il padrone di casa se ne è subito innamorato e siamo partiti».

La vasca interrata è lunga 7 metri, larga 1,40 e profonda 40 centimetri: «È sufficiente una profondità di 25-45 centimetri in base alle piante scelte», prosegue Cecchetto. «Ho optato per la tecnica di coltivazione idroponica (in questo caso fornita dal garden Giardango, di Carimate, in provincia di Como), per i vantaggi che offre: la realizzazione è facile, la manutenzione semplicissima e si limita lo sviluppo di patogeni per mancanza di substrati che li possono favorire, per cui le piante crescono più sane, anche se in un mezzo non naturale».

Una volta impermeabilizzata la vasca con una geomembrana da laghetto, vi si inseriscono le piante, coltivate in vasi appositi, e si versa l’acqua fino al livello stabilito, con un “troppo pieno” di sicurezza e un galleggiante che indica quando bagnare: «Non occorre impianto di irrigazione: basta rabboccare l’acqua ogni due-tre settimane, per cui ci si può assentare senza preoccuparsi di malfunzionamenti o allagamenti», prosegue il progettista. «Siamo però dovuti intervenire sull’illuminazione: la luce naturale, seppure abbondante, non era sufficiente lungo il lato interno della vasca, perciò, sfruttando l’incavo della trave portante, abbiamo applicato una striscia di spessore molto ridotto di luci a Led, con frequenza luminosa pari alla luce solare. I Led, oltre a durare molto a lungo e consumare molto poco, non sviluppando calore possono essere installati in vicinanza della vegetazione».

La scelta delle piante Le piante sono arrivate dall’Olanda e dalla Germania, dove la coltivazione idroponica è molto più praticata che da noi: «Abbiamo deciso di inserire piante molto grandi e di piantarle molto fitte per avere fin da subito un effetto un po’ selvaggio e una grande massa fogliare che influisse decisamente sulla purificazione dell’aria».

Disposte in tre fasce di altezza, a imitazione della stratigrafia delle foreste tropicali, sono state scelte in base alle esigenze di luce: la fascia superiore, alta 3-4 metri, è formata da Dypsis lutescens, Dracaena reflexa e Ficus microcarpa ‘Compacta’; l’intermedia, alta 1-2 metri, da schefflere, Philodendron xanadu, Chamaedorea elegans, Asparagus falcatus, Codiaeum variegatum ‘Excellent’; per quella bassa, infine, sono state scelte specie da sottobosco: Scindapsus in varietà e le felci Rumohra adiantiformis e Microsorum diversifolium.

La manutenzione, si è detto, è molto semplice: oltre a rabboccare l’acqua, basta somministrare ogni tre mesi all’inizio, poi anche ogni sei, un concime per piante verdi in polvere o liquido, eliminare le foglie secche e, una volta all’anno, accorciare le piante troppo cresciute.

VERDE D’AUTORE DI MARGHERITA LOMBARDI | FOTO DI MATTEO CARASSALE

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